La curva di Bradley. Mettersi in gioco per cambiare la cultura della sicurezza.

Bradley curve
La curva di Bradley.

La curva di Bradley (DSS Bradley Curve™) è stata sviluppata da Berlin Bradley nel 1995, un dipendente della nota azienda   è un’azienda chimica DuPont fondata nel 1802 da Eleuthère Irénée du Pont. Questo grafico rappresenta visivamente la relazione tra quanto è sviluppata la CULTURA DELLA SICUREZZA in una azienda e IL NUMERO DI INFORTUNI SUL LAVORO nella medesima (e quindi in qualche modo i comportamenti in sicuri/sicuri e i fenomeni che li determinano). La cultura della sicurezza è qui intesa come il livello, tipo, qualità di relazioni tra i lavoratori, l’organizzazione dell’azienda, le regole/procedure presenti e anche l’istinto dei lavoratori che può essere influenzato da fattori culturali, emotivi e dalle errate percezioni collegate ad essi e al sistema cognitivo dell’essere umano.

La curva di Bradley suddivide la cultura della sicurezza in quattro possibili stadi di crescita:

  • reattivo,
  • dipendente,
  • indipendente,
  • interdipendente.

Le organizzazioni con scarsa cultura o maturità della sicurezza rientrano nello stadio reattivo e quindi ci si affida all’istinto (che come possiamo comprendere potrebbe portare a comportamenti sicuri o insicuri sull’onda del contesto emotivo, cognitivo e fisico in una sorta di continua roulette russa.

Le aziende dotati sistemi di sicurezza (eventualmente SGS) implementati e la consapevolezza della necessità di seguire tali sistemi per garantire il controllo dei fattori di rischio (compresi quelli umani) e il miglioramento continuo IN CONCRETO si posizionano nello stadio dipendente.

Lo stadio successivo, ovvero detto indipendente si raggiunge quando si rendono consapevoli i lavoratori (tutti nei diversi ruoli) del possibile contributo che essi possono dare nel favorire o sfavorire condizioni sicure e insicure, incidenti e infortuni. Esse si trovano quindi già in una fase di intervento sul “saper essere”. Ma è solo con la fase dell’interdipendenza che le persone che operano in azienda divengono pienamente consapevoli del fatto che le proprie azioni e le relazioni che instaurano e i metodi maturi o meno di comunicazione che utilizzano influenzano in modo interdipendente quelle altrui e influiscono a anche sulla sicurezza e salute.

Siamo davvero disposti a metterci in gioco?

Questa curva è una rappresentazione, ma il punto è il seguente: cosa costituisce il dato della curva? Ovvero quali sono nel concreto i meccanismi inconsci che portano i lavoratori a tutti i livelli a contribuire INCONSCIAMENTE all’IN-sicurezza ovvero a una non-cultura della sicurezza? I fattori sono relazionali, comunicativi, organizzativi, percettivi, sono moltissimi e non sono MAI disgiunti né dalla tecnica, né dal come funziona il nostro sistema cognitivo ed emotivo e per poter davvero creare cultura della sicurezza e portarla allo stadio interdipendente serve:

  • conoscere si questa curva ma soprattutto cosa la guida, cosa ci permette di spostarci nei fari stadi
  • conoscere i fattori dis-percettivi (tecnici, umani, cognitivi) rendendo consapevoli tutti i livelli gerarchici tutti i livelli del come essi agiscano
  • contestualizzare i fattori e agire su di essi su molti fronti soprattutto quelli più insidiosi.

Per farlo non basterà conoscere la curva e conoscere la teoria ma passare alla pratica e in questo le aziende, Italiane e non solo, vivono una difficoltà: l’abitudine diffusa a desiderare risultati veloci, poco costosi, che non si intromettano nei processi organizzativi aziendali e men che meno in quelli relazionali (soprattutto nelle imprese imprenditoriali dove vige una ferma convinzione dell’imprenditore ovvero “se ho saputo creare una azienda e renderla redditizia significa che so anche gestirne tutti gli aspetti umani, relazionali, emotivi, cognitivi”), cercando di scalare i livelli della curva con corsi di formazione che dovrebbero cambiare la mentalità dei lavoratori (che il formatore non conosce) spesso non modificando i propri sistemi di pensiero e/o senza una vera messa in discussione della propria realtà

Si badi bene, mettersi in discussione non significa per forza cambiare, ma rendersi consapevoli dei propri processi di pensiero, di relazione, di attuazione anche dei programmi tecnici, dei propri valori di fondo e degli eventuali ostacoli e blocchi che comportano e dall’altro dei punti di forza. Solo con la piena consapevolezza di questi, i vertici aziendali potranno poi decidere la direzione da prendere, compresa quella di non apportare modifiche, ma ciò comporterà inevitabilmente la responsabilità del mancato cambiamento.

Questo ultimo paragrafo ci da ragione del motivo per il quale molto spesso vengano effettuati interventi in azienda che non riescono a dare risultato, non apportano alcuno spostamento lungo la curva.

Serve infatti:

  • una analisi profonda della realtà organizzativa
  • effettuata da professionisti con competenza nel settore senza improvvisazione, che non propongano attività preconfezionate da replicare uguali in ogni realtà
  • il volere concreto a mettersi in discussione al fine di osservarsi
  • la consapevolezza che tutto questo richiede tempo e denaro

i risultati in questo campo non si ottengono in brevissimo periodo con un paio di incontri di formazione perché comprendere ed eventualmente intervenire su un cambiamento culturale è cosa che può avvenire solo sul medio-lungo periodo.

Cosa possiamo fare?

Possiamo affidarci a professionisti compenti in materia tecnica e umana.

Possiamo metterci in discussione come persone e per farlo spesso non basta pensare ma abbiamo bisogno di professionisti che ci aiutino a vedere la parte inconscia.

Possiamo scegliere e prenderci la responsabilità di tali scelte, sia che vadano verso un cambiamento, sia che ci portino a voler restare fermi dove siamo.

Esse prima di tutto CONSAPEVOLI e quindi RESPONS-ABILI, abili a dare risposta.

Se ti è piaciuto leggi anche il libro: La sicurezza in mente. La percezione del rischio nella sicurezza sul lavoro” di Sara Zanette dove troverai spunti sul tema e/o mettiti in contatto la dott.ssa Sara Zanette (info@progettorefero.it – 3423239146)

Vieni a conoscere: www.progettorefero.it progetto di consulenza per le organizzazioni e la persona.